Consonanza - vol.6 - Consonanze - Poesie - Pietro Agazzi

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Consonanza - vol. 6
Gli angeli, sulla grotta,
pervasero la notte
di verdi suoni.
Non è una vestale

Non è una vestale
l’alba del nuovo giorno,
ma un foglio bianco sciorinato al sole.

Non è un tuono il nuovo risveglio
ma un lapis con le ali dorate
che sottecchi rincorre sogni, nel tempo che va.

Ma la spiga, la paziente spiga
nel meriggio assolato, accarezzata dalla brezza.
sa….. cos'è la vita.
Nevica

Che vuoi tu da me, vita?
Tu che giochi a rimpiattino
sotto l’ombrello della disperazione
o dietro un muro caparbio.

Che vuoi tu da me, vita?
Tu che mi guardi con riso beffardo
e m’induci a pregare che Dio esista.

Quale segreto m’ascondi?
Quale spirito vagheggi?

Sull'anima provata,
copiosa nevicata scende!

Una piccola preghiera
ancora mi riscalda
premurosamente le mani.
Ho bussato!

Ho bussato ad una porta,
mi hanno aperto,
ma non c’era nessuno!

Ho cercato altrove,
mi hanno sorriso,
ma non c’era prontezza!

Ho steso la mano,
ho trovato cortesia,
ma non c’era calore!

Son tornato sui miei passi
e mi sono assopito,
nel mio dolore.
Aria Settembrina (21/09/2017)

Hei tu, aria settembrina,
che hai fatto?
Una piccola rosa, tra i rovi,
hai fatto sbocciare!

Ma perché?
Il sole è già tiepido e stanco,
un po’ malaticcio
e la brezza dolcemente indecisa.

Oh piccola mia: tu non sai....!
Or t'adopri a far capolino,
ma l’erba alta e dura,
non ti arride dolcezza, tuttavia,
è periglioso il tuo trepido ondeggiare.

All'intorno, il guardo fuggitivo non ti conosce,
non sanno i duri la mitezza del tuo cuore
e il tuo linguaggio non intendono ascoltare.
Come vecchi guerrieri incalliti
ti lasciano stare e a volte ti fanno male.

Oh come rassomiglia il tuo stato al mio
la onde la vetusta etade mi insegna al fin
il linguaggio dell’amore,
ma ben di rado, per via,
un incontro interloquisce il cuore.

A volte, agli sguardi, mi sento come l’erba,
rinsecchita, appunto, pronta da tagliare.
Raramente v’è saggezza
nella nuova giovinezza.

Ma tu, piccola rosa, non temere,
ci sarà sempre per te un posto
in un cantuccio vivo del mio cuore.

Il topino (17/11/16)

Un topino bello schietto
se ne andava curiosando
il marciapiede ed il pozzetto…
infine al piano si portò.

Ma un incontro insospettato
che di scatto lo colpì,
era un piede ben dotato
e zampe all'aria si trovò.

Qualche istante sul pensiero
poi dolente si rizzò,
quattro passi un pò abbozzati
e poi di scatto si fermò…

Ma leccandosi il nasino
verso il cielo alzando i baffi
se gli umani son siffatti
io con loro non ci sto!
La notte di Giuseppe (Natale 2017)

Giuseppe, con mani tremanti,
nella greppia il nuovissimo pose.
Muto, lo guardò, stupito....!

Ma chi sei?
Da dove sei venuto?
Che vuoi da me, che son plebeo?

Gli occhietti, irresistibili, lo guardarono
ed egli, affascinato
l’amò.

Gli angeli, sulla grotta,
pervasero la notte
di verdi suoni.
Il palpito della vita (29/04/18)

Senti come gemono i silenzi,
battuti dai venti di tramontana,
nelle stanze dei solinghi canuti.

Destrieri impazziti, cavalcati dai ricordi,
ora dolci, ora feroci,
scorrazzano nelle stanze pietrificate.

Sui fidi braccioli, le mani stanche,
talora si rigano di stille amare,
e la conta delle remote cure, non ha fine.

A che serve pensare? A che la vita?
Se tutto si perde in un vortice
di disinganni senza fondo.

Il pendolo, indolente, scandisce
i rintocchi dell’ore infide;
ora lunghe come la morte,
ora fuggitive come il vento d’autunno
che spicca le foglie dai rami, una ad una,
e le disperde sulla terra bacosa.

L’attesa è triste!
Ma il cuore, pulsa,
ancora silente,
il palpito della vita.
Mamma Maria

Maria……. armoniosa parola
come lieta giovinezza.

Tu conosci la nostra debolezza
che pur anco in preghiera, ci assonna
nello scorrere dei grani probatori.

Noi ti poniamo lì, in alto, sull'altare
perché tu non scenda al piano
a turbare i nostri sogni.

La tua solerzia è brezza ritemprante
che s’appressa premurosa all’alme assetate.
Nell’attesa dell’incontro

Va, vola o spiro sitibondo,
inebriati dell’infinito,
non un fonema ardisca il tuo labbro.

Tendi l’orecchio ed ascolta il silenzio,
il profondo silenzio oltre il creato,
ignora l’estremo del tempo
per toccare il mistero di colui che E'.

Socchiudi gli occhi e tendi le tue vuote mani
nell'attesa dell’incontro.
La città

Dalle antiche torri, a mezzogiorno,
a stento i rintocchi s’odono
tra i rumori subdoli dei motori grigi come lo smog.

La privacy scorre,
imperterrita,
sulle tracce lubriche d'indifferenza.

Ai margini
una fila, inope, si snoda,
umile, mesta, quasi rassegnata.

Da un socchiuso portone
sfilano silenziosi
panini e mozzarelle.

Le mani giocano,
tra pietà e bisogno,
come fanno i bambini
in un ridotto giardino
ritagliato a stento
tra il cemento pretenzioso.

E l’anima langue
in un eremo
di nostalgia.

La creazione

non c’era la notte,
non c’era il giorno,
non c’era la luce
e neanche la terra.

intorno ad un punto,
il nulla del nulla,
e non c’era la guerra.

Una forza immane
da quel punto indiviso,
l’amore ascoso, esplose violento.

e fu luce, e terra,
la notte e il giorno,
e l’uomo terreno che inventò la guerra.
La cornice vuota

La cornice è vuota
all'angolo della stanza.

Sullo sfondo il muro
al mio sguardo trasmuta.

Volano i ricordi!

Ed i volti, cari, evanescenti,
subito scompaiono
entro la voragine di un buco nero
che il tempo alimenta con le illusioni di un sogno.
Io piango

Io piango.
Quando il mio cuore è sconvolto
come un fiore battuto dal vento.
Quando le ore passanti
mi rubano i sentimenti.

Io piango.
Quando i ricordi sofferti
ritornano sempre più forti.
Quando sento la vita
inutile e pesante fatica.

Io piango.
Quando alla sera
sulle mie labbra non trovo preghiera.

Com'è triste la vita
quando l’amore
diventa ferita!
Io non so

Da dove vieni maledetto arcano,
non suscitare onde nella mia solitudine.

L’anima inquieta gioca con la vita ingiallita
che s’appresta a volare.

Io non so se dal mio ramingare sulle zolle del pianeta
germineranno frutti.

Io non so se l’alba novella che s’appresta a venire
scioglierà la mia insipienza.

La regale promessa, sola, mi sostiene nel mio esser vivo,
senza virtù da donare.
L’incontro (2009)

La fredda tramontana
a fatica lo spingeva.

Con passo stentato aggirò l’angolo
e d’improvviso l’incontrai.

La voce era flebile
quasi impercettibile.

Le lacrime, ormai stanche,
indugiavano ai margini degli occhi.

Una mano tremante stese davanti a me.
vi deposi una monetina.

Nell'aria pungente, un soave profumo di caffè,
silenzioso, ci sfiorava indifferente.

Cinicamente osservai: hai freddo!
Ma nulla feci, per rifocillarti o mio Signore!

Ed egli se ne andò, tremante,
Volgendomi le spalle.

Diradò la nebbia intorno a me
e vidi il mio peccato.

Perdona o Dio
la mia ottusità.
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