Consonanza - vol. 5
Ma….. che stupenda libertà mi doni,
Per giungere dove tu vuoi.
Relatività
Terra, pietra, mare, nube, fuoco
caleidoscopico scrigno vagante,
vertiginosamente scagliato
nell'abisso universo.
Ammasso di cellule
Geometricamente ordinate,
mirabilmente comunicanti,
carne impastata di silice rubata al mare.
Poi…..un nome!
Sole e luna
Ciclicamente alternanti
Scandiscono il tempo
Senza tempo.
Giorni, mesi, anni…
E poi……nulla…!
Come budello di violino
Teso chissà come,
io vibro ad ogni soffio di ricordo
stemperato nella nebbia distante
ed a stento mi ritrovo per chiedermi…
chi sono….. Nulla….o..tutto!
Entità di una percezione inconsistente
Ma vera!
La speranza
Come manto di nebbia
Dello spirito vagante, promesso e presente, mi avvolge.
E mi riaddormento,
nel sonno tedioso della quotidianità.
Se le serve qualcosa.........?
Se le serve qualcosa.....?
Ma la mano tremava,
la voce era flebile,
e gli anni pesavano.
Ma lo sguardo.........,
lo sguardo era dolce !.......
e mi colse l'amore.
Riflessione orante
Il tuo spirito o Signore non mi basta più…!
Troppo crudele è il tuo silenzio..!
La prova della fede
Oltre ogni limite percettivo è troppo onerosa.
Perché non rispondi alle nostre Preghiere,
e ci lasci nella nebbia dei nostri assurdi pensieri?
le certezze si trasformano in domande,
le domande in ricerca,
la ricerca in sofferenza,
la sofferenza in stimolo,
e lo stimolo nel sogno
di una speranza di vita.
Quando stenderai la tua mano o Signore
A noi poveri, derelitti, gli ultimi,
Smarriti e timorosi, per sorreggerci
sulle acque limacciose del mondo?
Ricostruzione
Coraggio,
determinazione, forza, entusiasmo.
Parole vuote,
quando il dolore attanaglia l’abisso.
Il cielo sereno
E l’aria frizzantina Sembrano lontani.
Semaforo
Romba il motore
Che il semaforo arresta,
si liscia il bullo
i baffi e la testa.
Il povero offre
L’opra sua lesta
A pulir cristalli
Con mano ben destra.
Accetta riccone
Di farsi pulire
Tutto il vettore
Ed anche il sedile,
donando in compenso
mozziconi e cartaccia,
con gesto sicuro,
perdendo la faccia.
Romba il motore e se ne va
Lasciando miseria e povertà.
Questo di sette
Che silenzio in questo di sette!
Il sole campeggia,
il gelo punge,
il creato dorme.
Io non oso alzare la voce,
forse per non turbare il dormiente,
o forse per non tendere l’esile filo
che ancor mi lega alla vita.
Attendo, e fingo di dormire,
ma nel profondo un brusio incessante m’inquieta
e vorrebbe urlare: ritorna o Signore
con la tua giustizia;
i martiri ancora stramazzano sotto la scure
e il Tuo sangue a fiumi viene versato……
mentr’io gemo, nella mia inettitudine nel cogliere, il propizio istante,
che può cangiare un pianto, in un sorriso.
Prigioniero (1-1-11)
Mestizia è la mia prigione…..!
Un carro ricolmo di lutti e tradimenti
Mi segue come cane fedele….
Eppure, io cerco la luce……!
A volte stendo le ali e cerco di volare,
ma ecco, un ricordo feroce mi abbatte…..
e la violenza quotidiana mi tarpa le ali.
Un dubbio mi tormenta: io non so più volare,
e come gioco crudele
la vita mi appare.
Portami più in alto
D’improvviso
Uno squarcio,
e sopra di me uno sguardo.
Pesano gli eventi,
I traditi affetti
E l’ingiallito tempo di gioventù.
Stendi la tua mano o Signore
E prendimi,
portami più in alto,
ch'io possa
finalmente immergermi
in un respiro d’amore.
Preghiera 2010
Bello sarebbe o Padre…….
Se tu mi prendessi in grembo
E mi cullassi un po’;
come accade al bimbo
dal vacillante passo
quando a sera,ormai stanco,
trova il suo primo letto
fra le dolci braccia
di papà.
Tu sai o Padre
Quanto è lungo e duro ed erto
Il cammino verso la tua libertà.
Ora ,nella mia sera,
le braccia stanche verso tè io tendo,
sperando,………nella tua soavità.
Peccatore
Là dove il peccar seduce
Per offuscar la luce,
Tu soffri o Dio!
Quando il mar s’incendia al sole
E la notte incalza e umiliato è il cuore,
neanche il nulla mi conforta.
Un flauto lontano
Suona lente note
Di perdono!
Mi vergogno
E mi nascondo
Come Adamo all’albeggiar del mondo.
Ma poi ritorno,
che il tuo morir non sia mai vano,
ma luce vera al nuovo giorno.
Padre mio
Che piena Padre mio
Davanti al tuo trono !
La folla ti esorta e t’implora .
Io, attonito, all'ultimo posto
Non so più dare un grido.
Ingrato sarei se chiedessi ancora.
Dagli abissi terreni io cerco il tuo volto.
Padre ……è il tuo nome
Alle mie labbra desueto.
Io non conosco la tua carezza,
né infante dolcezza di ninna
sussurrata all'alba dei miei sogni.
La tua mano possente
Non trova la mia conoscenza.
Orfano …..per tutta la vita!
Ma ora ti cerco come fonte agognata
E nella tua venuta io spero.
Portami lontano….
Là, dove l’amore finalmente disciolga
Il tuo grande mistero.
Notte d’ospedale
Perché o notte tardi a passare….?
Il respiro dei corpi scandisce i minuti,
come le lancette dell’orologio.
Il fruscio dei passi
Che a tratti mi sfiora,
si fan persona dal camice bianco.
Par che con l’ore tu giochi bizzarra
Tra candidi lini
E luce azzurra
Dove il dolore or pungente
Or sopito
È sempre presente.
I corpi si sono fermati
E ognuno riflette su sé.
L’alba ritorna leggera
E piano si spegne la notte.
Il giorno riporta speranza
Che s’accende, al risveglio e divampa.
Panis Angelicus 7-6-15
Ma….. che stupenda libertà mi doni,
Per giungere dove tu vuoi.
Si dilata l’anima nei tuoi spazi immensi,
e Tu, Panis Angelicus, sazi i miei bisogni
di copiosa dolcezza,
librata nel suono della tua voce;
che profonda letizia promana dal tuo spirito,
ed io vorrei riposare, come l’apostolo,
sul tuo petto, e sentire l’armonia
del palpito dell’eternità.
Non un grido
Non un grido è il mio pianto più leggero del vento,
cammina solingo con la morte accanto
ch'è sorda all'ascolto del sommesso tormento
di chi geme all'altare tra speranza e sgomento.
Non datemi consigli
Né fiori
Né bisbigli!
Un uomo sa come guardare i suoi occhi
E sentire il suo gelo
E piegare i ginocchi
Squarciando il suo velo!
Non commiserate il suo abbraccio eterno
Né il suo sferzire
Né la mia fatica
Per non perire.
È una pietra vetusta che il tempo consuma;
Guardate il suo volto che mostra le rughe!
Guardate le stelle che morte son già
Pur paiono belle nell'immensità,
ch'è al fin solo vita
con gioia
vincerà.
Non sapevo di accarezzarti
Non sapevo di accarezzarti o madre,
quando misi le mani
sulla vecchia “singer”.
E mi sovvennero le lunghe sere
Col freddo fuori e il camino acceso.
Fu l’ultimo inverno della tua vita!
Quando, ormai soli,
la mia mano, un po’ stanca, sfiorava i tuoi bianchi capelli,
tu mi guardavi, stupita…!
La dolcezza dei tuoi occhi mi coglieva,
e senza una parola,
da un linguaggio vellutato, fluiva serenità.
Con l’amore più puro in spalla,
lo sapevo….,
ti accompagnavo, dolcemente,
all'ultima soglia,
dove l’ultimo orizzonte
si sarebbe per te ormai spento.
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